Appena incoronata ed in procinto a rappresentare l’isola nel concorso di bellezza più noto d’Italia, Giulia Vitaliti è stata oggetto di critiche ed attacchi. E non è la sola
Bella, solare, spigliata. Non le manca nulla per rappresentare la Sicilia, di cui riassume tutti i pregi e caratteristiche.
Dimenticavamo: bella, solare, spigliata, e tatuata.
Come migliaia e migliaia di ragazze, milioni e milioni di persone al mondo.
Da che anche in Italia, anche a sud i tattoo si sono diffusi e sono stati “sdoganati” dal confinamento a ristretti ambiti sociali, è comune che una ragazza di oggi ne abbia. Ed infatti i regolamenti dei più conosciuti concorsi di bellezza, come Miss Italia, non li vietano.
Miss Italia, appunto: Giulia Vitaliti, 23 anni, di San Giovanni La Punta (Catania), è una delle siciliane che rappresenterà la nostra terra al noto concorso, con già sulla testa la corona di Miss Italia Regione Sicilia, cioè Miss Sicilia: la più bella isolana per il 2022.
Ma ecco che sulla rete leoni e leonesse da tastiera, probabilmente mossi da invidia e ancor più da quella odiosa compulsione che spinge a stare in rete (ne abbiamo già parlato in questo articolo), e a starci con livore, sono partiti all’attacco.
Oltre alle accuse di non aver pubblicizzato aziende con cui avrebbe stretto degli accordi (che, se esistenti, possono essere fatti valere in sede stragiudiziale e giudiziale, di certo non sui social), il bersaglio preferito degli e delle haters sono stati i tatuaggi di Giulia.
Vi risparmiamo di riportare tali commenti, il cui tono varia dal «bella sì ma senza tatuaggi lo sarebbe stata di più, la deturpano» a veri e propri attacchi finalizzati a delegittimare e denigrare una ragazza che del proprio corpo può esteticamente fare ciò che crede.
E questo quando, a nostro avviso, i tatuaggi di Giulia non le tolgono nulla, anzi danno un tocco in più positivo alla sua immagine, oltre ad essere, l’arte del tatuaggio, un elemento di autodeterminazione, di appropriazione di sé, di identità. Un po’ come scegliere, al di là del fenotipo, come si vuole essere, testimoniandosi agli altri e a sé stessi e sé stesse.
Il fatto che Giulia (con i suoi bei tatuaggi) è anche una pallavolista di buon livello, una influencer di successo, una studentessa in carriera finisce in secondo piano. È il male dei social, che danno un palcoscenico (e tanta sfacciataggine da presunzione di impunità) a quanti avrebbero taciuto o al massimo avrebbero esternato il proprio odio al bar, magari presi a fischi e pernacchie da chi non può che constatare che Giulia, al pari di Walter Zappalà che abbiamo già intervistato, rappresentano la Sicilia più bella, la Sicilia migliore, la Sicilia che può e vuole farcela.
Certo, Giulia e Walter (che hanno dimostrato di distinguersi anche nello sport e negli studi) primeggiano per il dato estetico, quando in un’epoca in cui l’odio sfocia sempre più spesso nel body shaming (spesso peraltro perpetrato da chi non ha esattamente un fisico da scultura dell’antica Grecia…) sembrerebbe controproducente. Ma in realtà così non è: che si premi l’estetica in un concorso di bellezza è normale, è giusto, e questo non va contro chi non rientra in determinati canoni. Canoni, peraltro, divenuti sempre meno standardizzati, omologanti e conformistici: per l’appunto, Miss Sicilia è una ragazza tatuata!
E i concorsi di bellezza nulla tolgono a questa terra che abbisogna di bellezza, di buoni e bei testmonials, di riscattarsi. E nulla tolgono a chi ha altri talenti.
Come, ad esempio, Oriini Kaipara.
Andiamo esattamente dall’altra parte del globo terracqueo. Oriini è una giornalista, conduttrice televisiva, traduttrice ed interprete neozelandese di etnia Māori.
È anche lei bella e giovane, ma non ha mai partecipato a concorsi di bellezza. La vittoria di Oriini è stata un’altra: poche settimane fa, è stata la prima conduttrice con un moko kauae a condurre il telegiornale del prime time nella televisione neozelandese, dopo già essere stata la prima conduttrice di telegiornale in assoluto ad apparire con un moko kauae.
Cos’è? È il tradizionale tatuaggio rituale sul mento e sulle labbra delle donne Māori, che Oriini Kaipara ha ricevuto nel 2019. Oriini ha anche altri tatuaggi, come è frequente fra i Māori, anche sugli avambracci e sulle mani. Il tatuaggio in generale, e il moko kauae nello specifico, è un momento di passaggio, di affermazione della propria identità, sia di popolo, come nel caso dei Māori, che individuale. E se il moko di Oriini ha un fondamento storico e viene tramandato per via famigliare, quelli della nostra Giulia non sono da meno nel testimoniare il desiderio di essere sé stessa, di essere così come desidera.
Oltre le esternazioni degli haters.
Che non sono mancati anche contro Oriini, accusata proprio per quel tatuaggio sul volto, che racconta la storia e la forza di un popolo che ha tanto subìto, e che per volitività ha in Oriini Kaipara un’ottima figlia. Un popolo che ha tanto subìto? Ricorda qualcosa a noi siciliani?
Altra accusa mossa ad Oriini, il suo uso della lingua Māori. Qualcuno (gli stessi che le rimproverano i tatuaggi) ha cercato di sostenere che “non si capisce” cosa dice, che il suo inglese viene “imbastardito” dalla lingua Māori. Peccato – e chi sta scrivendo queste righe può affermarlo con cognizione di causa – che l’inglese di Oriini Kaipara sia perfettamente fluente. Infatti la stessa è una nota traduttrice ed interprete tra le sue due lingue madri. Beh, anche in merito a discriminazione linguistica in Sicilia ne sappiamo qualcosa!
Tutto odio. E, lo dicevamo prima, certamente invidia. Perché Giulia e Oriini sono belle ragazze. Non si è visto altrettanto odio per un’altra notissima donna Māori che porta orgogliosamente il suo moko kauae: l’attuale Ministra degli Esteri neozelandese Nanaia Mahuta. Alla quale, forse per un rispetto verso le istituzioni del tutto perso in Italia (certo anche per responsabilità di chi quelle istituzioni ha animato), è stato risparmiato anche il body shaming.
In conclusione, vogliamo consigliarvi delle letture per una migliore, più sana, e se possibile arricchente vita sui social media.
Le prime sono di opera di Bruno Mastroianni, filosofo, giornalista e social media manager Rai di Superquark e La storia siamo noi, che con Vera Gheno, linguista già collaboratrice dell’Accademia della Crusca, è stato fra le tracce della recente prova di maturità, tratta da uno dei volumi che qui vi consigliamo.
L’ultima, è recente opera del pastore protestante e critico cinematografico Peter Ciaccio, romano di nascita, siciliano di adozione (cittadino onorario di Palermo ove a lungo ha esercitato il proprio servizio pastorale). Perché trovare o ritrovare un’etica è essenziale per stare al mondo. Social compresi.
R.H.C.
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