A Licata fra folklore, devozione e tradizione si è ricordato il Patrono della città nella ricorrenza estiva della fine della peste. A maggio le celebrazioni principali
«Fu il Capitolo Provinciale dei Padri Carmelitani della Sicilia, tenutosi a Licata l’8 maggio 1457, a stabilire di celebrare il 5 maggio di ogni anno la festa di Sant’Angelo, martirizzato a Licata nella chiesa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, il 5 maggio 1220. Fin dai primi tempi la festa venne celebrata in concomitanza con la Fiera di maggio che cadeva tra il 25 aprile e il 4 maggio». (Cfr. C. Carità, La Chiesa di Sant’Angelo e la festa del 5 maggio a Licata, p. 54).
Licata, una cittadina che sorge lungo la costa mediterranea sud est della Sicilia, da sempre ha un amore viscerale per il suo Patrono, una devozione che supera la diversità di etnie (è città di sbarchi), di ceto sociale e persino l’indifferenza religiosa (oggi diffusa in particolare tra i giovani).
Si può toccare tutto ad un licatese, ma non il “suo” Sant’Angelo, che ha appena festeggiato, un po’ in sordina a causa della pandemia, gli 800 anni trascorsi dal Martirio.
Da poco si sono conclusi i festeggiamenti di agosto, detto appunto “Sant’Angelo mezz’Austu” che si svolge la prima domenica dopo il Ferragosto in memoria della liberazione della città dalla peste del 1625 e per consentire ai licatesi emigrati, tornati per le ferie, di vivere anch’essi la festa Patronale, avendo sempre, così come si dice, “Sant’Angiulunu’ cori”.
Finalmente, dopo poco più di due anni di restrizioni, la festa con il suo folklore è tornata a pieno regime.
Non si deve dimenticare, però, che i festeggiamenti più completi sono proprio quelli di maggio.
Attesissima, da molti, è la tradizionale fiera di Maggio che dall’1 al 7 richiama visitatori da tutto l’hinterland, che aumentano esponenzialmente il 4-5-6, ossia nei giorni culminanti dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono Sant’Angelo Martire Carmelitano.
La festa del 5 maggio è molto sentita dai devoti di ogni età (non solo credenti) e si presenta ricca di tradizioni (più o meno antiche) e di folklore. In Santuario si assiste ad una serie di celebrazioni liturgiche che si avviano con la recita della Novena al Santo; ma i veri festeggiamenti sono introdotti dalla preghiera dei Vespri Solenni del 4 sera animati dal Terz’ordine Carmelitano con la presenza del Clero cittadino, delle Autorità civili e militari; subito dopo si assiste ad uno dei momenti più forti dell’intera manifestazione, con la processione interna al Santuario curata dall’associazione civile “Pro Sant’Angelo”, attraverso la quale l’Urna argentea contenente le reliquie del Santo viene traslata dalla Cappella all’altare maggiore. Il tutto viene accompagnato dal pittoresco grido devozionale: “E chi semmu surdi e muti? VIVA SANT’ANGIULU!”
Ma è il giorno dopo, il 5 Maggio, che si festeggia la Solennità del ricordo del martirio; l’inizio è dato dalla benedizione dei bambini votati al Santo, alcuni dei quali vengono vestiti con l’abito devozionale che riproduce la veste dei Frati carmelitani. Il culmine è sicuramente la Celebrazione eucaristica solenne della mattina, seguita dalla caratteristica sfilata dei “muli parati” che vanno a rendere omaggio e doni a Sant’Angelo sul sagrato del Santuario. Questi muli, per la circostanza, sono adornati da penne di pavone, code di volpi, fiori e ricche bardature e sonagliere. Sono ricoperti di tappeti o coperte di seta o di velluto. Sotto le coperte, sulla groppa, portano delle bisacce piene di paglia che le rendono smisurate nelle proporzioni, sì da farli apparire simili ad animali feroci.
La sera l’emozione e la gioia aleggiano nell’aria e dopo la Santa Messa, animata dal Terz’Ordine Carmelitano, si assiste alla discesa dall’altare maggiore della Sacra Urna argentea contenente le reliquie del Santo Martire. L’Urna viene riposta sul fercolo che a spalle verrà portato in processione dalle Associazioni Pro Sant’Angelo, i cui componenti caratteristicamente sono vestiti da marinai a piedi nudi, ed Oltreponte, che ha il compito di portare l’urna al di là del fiume Salso, seguiti dal Rettore del Santuario e dai membri della Comunità Internazionale dei Frati, da esponenti del Clero e dal Terz’ Ordine Carmelitano che per l’occasione solenne indossa la cappa bianca. L’Urna è seguita dalle cosiddette “ntorcie” (quattro grandi macchine processionali a forma di elaborati candelieri, chiamati anche “ceri”, per la cui origine e significato esistono diverse spiegazioni: c’è chi sostiene che ricordino i quattro titoli del santo: dottore, confessore, vergine e martire; secondo altri, rappresenterebbero i quattro antichi castelli di Licata). Alle ore 20 il reliquario di Sant’ Angelo esce dal Santuario ed inizia la processione, seguita da una folla straripante ed emozionata. La processione segue un percorso ben definito: tutto il centro storico fino ad arrivare a via Sant’Andrea, dove si pensa ci sia la casa dove il Santo sia stato ospitato nei giorni precedenti il suo martirio, e quindi si prosegue per il porto; il Santo rientra nel corso per il centro storico ed in Piazza Duomo si prepara per la prima grande, spettacolare e travolgente corsa. L’Urna viene portata a spalla da più file di giovani marinai in divisa bianca e a piedi scalzi i quali, avvinghiati l’un con l’altro senza guardare il percorso, corrono velocemente per alcune centinaia di metri guidati solo dai timonieri, preceduti da centinaia di ragazzini scalzi festanti ed in divisa bianca che si fanno spazio tra la folla sui marciapiedi contenuta dai cordoni umani dei ragazzi della protezione civile, mentre la banda suona marce fastose. Un momento, questo, che ha dello spettacolare, colmo di euforia e tensione, atteso da tutti i licatesi. Fa rabbrividire il vedere questo fercolo correre e quasi traballare.
La processione procede poi lungo tutta la città, alla fine del corso Umberto. Da qualche anno, il Fercolo viene portato a spalla dall’Associazione “Portatori Oltreponte”, vestiti con tuniche bianche, che lo conducono oltre il ponte che oltrepassa il fiume Salso che divide la città in due, fino alla chiesa di Sant’Andrea per poi tornare in corso Umberto in vista di un nuovo cambio. Nel percorso vengono fatte altre corse, meno spettacolari, ma la più emozionante è l’ultima, quella che porta Sant’Angelo sino sotto l’altare maggiore della Santuario patronale, seguito in corsa anche dai giganteschi e pesanti quattro ceri portati a spalla dai devoti dell’associazione “Portatori dei Ceri”, vestiti con casacche blu da marinaio.
La festa continua il giorno dopo; 6 maggio, con il “palio a mare” e con l’albero della cuccagna (“u paliu a ‘ntinna”). Alle 19 in Santuario, alla presenza delle Autorità civili e militari, il Clero della città celebra la messa di ringraziamento ed il “Te Deum” animato dal Terz’Ordine Carmelitano. A seguire, si tiene la piccola processione di chiusura dei festeggiamenti, la più commovente e toccante pur essendo solamente interna al Santuario, a cura dell’Associazione Pro Sant’Angelo, consistente nella traslazione dell’Urna argentea dall’altare maggiore alla cappella del Santo con la chiusura del suo cancello con 3 lucchetti. Sant’Angelo resterà riposto lì a vegliare sulla “sua” città fino alla domenica successiva al ferragosto quando Licata lo rifesteggerà.
La sera, invece, è il momento di concerti di musica leggera in piazza. Al termine, viene offerto lo spettacolo inebriante dei fuochi pirotecnici.
Viviana Giglia, classe 1983, vivo a Licata, sono una educatrice professionale con la passione della scrittura. Ho scritto tre libri, di cui uno autobiografico, “Nata due volte”, e decine di editoriali. Adesso ho intrapreso la strada del giornalismo perché adoro scrivere e leggere in più: attivista per i diritti delle persone con disabilità, come me, con la schiettezza e l’amore per la giustizia e verità. Il mio motto è “barcollo ma non mollo”: la mia penna corre più delle mie gambe e volo in alto.