Una sana “esibizione” di sé può essere utile a superare le barriere mentali
I ricercatori della Brunel University di Londra hanno deciso di scoprire perché molti utenti condividano sui social post relativi ai loro allenamenti, siano questi in palestra o si tratti semplicemente di una buona e vecchia corsa all’aperto. Ciò che ne è emerso è davvero curioso.
Lo studio è stato realizzato analizzando oltre 555 profili Facebook con lo scopo di esaminare i tratti della personalità e le diverse motivazioni che accompagnano l’utente nella scelta delle parole e delle immagini dei suoi post.
Beh, in conclusione è emerso che persone attente a documentare sui social i piatti sani e leggeri della loro dieta, gli esercizi in palestra, con tanto di sudore, sono state definite dagli esperti come narcisiste.
«I narcisisti hanno bisogno di postare quelle immagini per trarne la motivazione di cui hanno bisogno».
I ricercatori hanno sottolineato, in particolare, che sono proprio questi i post che ricevono un buon numero di like e commenti, il che lascia intendere che la vanità degli users sia rafforzata dall’attenzione di cui sono alla continua ricerca.
La dottoressa Tara Marshall, infatti, pone l’accento sul doppio atteggiamento nei confronti del mi piace: «Nonostante i risultati abbiano mostrato che i narcisisti se la tirino perché ricevono più like e commenti, è assolutamente possibile che le reazioni positive dei loro amici virtuali siano date soltanto da un gesto gentile di supporto, che al contempo nasconde un certo disprezzo per questo voler ostentare a tutti i costi anche in maniera egoistica».
Ma possiamo soltanto dire che in questa società contemporanea, lo sport si limita ad un selfie durante una qualsiasi attività sportiva?
Diciamo la verità: quanti di voi hanno almeno un amico che, all’inizio o alla fine di una sessione di allenamento in palestra, posta un selfie su Facebook con tanto di muscoli in vista, sudore sulla fronte e un nuovo e bellissimo completino fitness? Forse quell’amico siete proprio voi.
La prima sono io, seguita su tutti i social, non solo per “narcisismo” ma per testimoniare l’importanza plurima dello sport nella vita di ognuno di noi.
Lo sport insegna a sviluppare relazioni sociali, integrazione, inclusione, controllo intellettuale; grazie alle sue regole a sviluppare amicizia,dove il rispetto e la fiducia rappresentano il sacro, imparare ad esprimere le proprie potenzialità, spirito di squadra per uno scopo comune, lealtà nel saper perdere contro un avversario.
Lo sport è anche comunicazione: «Attraverso le cui rappresentazioni, fatte di semplici comportamenti comprensibili da qualunque persona e capaci di esprimere stati d’animo, emozioni, sentimenti, ma anche esternare una condizione umana, che fa diventare lo sport un linguaggio universale, una sorta di condivisione di valori, di atteggiamenti che concorrono all’unità degli individui qualunque sia la collettività di riferimento». (Daniela Benedetta Scarlata-Sociologa)
Lo sport ha un ruolo fondamentale per le persone che hanno delle disabilità. Non importa se a livello agonistico o no, ma la pratica regolare dell’attività sportiva comporta i seguenti vantaggi: migliorare le qualità fisiche; potenziare gli aspetti cognitivi e psichici; sviluppare competenze socio-relazionali.
Lo sport come veicolo di inclusione, come occasione di volontariato: tante le realtà, oggi, a dimostrarlo. In tutto il mondo esistono migliaia di organizzazioni no profit che, grazie al supporto di atleti normodotati, valorizzano quelli disabili, in molte discipline.
Il ruolo di queste associazioni che si dedicano all’inclusione nello sport non è solamente quella di offrire a queste persone la possibilità di cimentarsi in un’attività sportiva, ma soprattutto quella di combattere gli stereotipi negativi legati alle loro abilità e alla loro intelligenza motoria.
Le barriere mentali sono ovunque. Lo scalatore britannico Paul Pritchard, colpito da emiparesi in seguito a un grave incidente durante un’arrampicata, in una recente intervista ha affermato che: «Chi è disabile non è affatto incapace. La società mette barriere di fronte a chi è disabile perché tutti siamo abituati a vivere velocemente, ma da quando sono costretto a muovermi con lentezza, noto una miriade di cose che prima non vedevo. Sono diventato bravo a distinguere il carattere delle persone, credo, e credo di aver imparato che con il giusto livello di aiuto tutti possano riuscire a fare cose sorprendenti».
E poi, anche a noi disabili è permesso essere un po’ narcisisti!
A qualsiasi età e a qualsiasi condizione, lo sport è vita, gioia, forza e un vero accrescimento personale.
Viviana Giglia, classe 1983, vivo a Licata, sono una educatrice professionale con la passione della scrittura. Ho scritto tre libri, di cui uno autobiografico, “Nata due volte”, e decine di editoriali. Adesso ho intrapreso la strada del giornalismo perché adoro scrivere e leggere in più: attivista per i diritti delle persone con disabilità, come me, con la schiettezza e l’amore per la giustizia e verità. Il mio motto è “barcollo ma non mollo”: la mia penna corre più delle mie gambe e volo in alto.